Intervista a Chuck Anderson (artista digitale)
Fu la nebbia, in quella fredda notte, che mi convinse a prendere la fotocamera e a uscire. Sono sempre stato affascinato dai luoghi deserti, un pò spettrali, soprattutto di notte e, quando sono arrivato in quel parcheggio nella stazione ferroviaria, ho tirato giù il treppiede e ho iniziato a fotografare.
Il risultato, che ho chiamato Places You Can’t Imagine, non ha alla base un progetto e vuole essere un’immagine un pò misteriosa, da guardare e in cui perdersi.
Sono sempre stato orgoglioso di questa foto, soprattutto perché ho cercato di non complicarla e di non metterci troppe cose. Una sfida difficile per me.
Penso siano le simmetrie non perfette, la semplicità della composizione e i colori eterei, che la rendono interessante da un punto di vista artistico. Sono alla costante ricerca di trucchi e di nuovi metodi per fare le cose e sono definitivamente entrato in sintonia con Photoshop. Ho tutto a portata di mano e sono in grado di fare tutto ciò che mi serve con estrema immediatezza: una cosa che si ottiene solo dopo un uso intenso e prolungato.
Ho sempre letto riviste coe Anthem, The Face, Wire, e mi sono ispirato a designer come Jens Karlsson, Mike Cina, Mike Young, Basit Khan come pure a Cody Hudson. Ho sempre desiderato riuscire a lavorare come loro e questo mi ha spinto a conoscerli un pò meglio.
I lavori di Chuck sono su www.nopattern.com
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